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27 ottobre, 22

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60° anniversario del Concilio Vaticano II

Nella sua omelia durante la celebrazione del 60° anniversario dell'inizio del Concilio Vaticano II, Papa Francesco ha proposto un triplice approccio: uno sguardo dall'alto, uno sguardo al centro e uno sguardo all'insieme.

Vivere la fede, la missione e l'unità

Nella sua omelia, Papa Francesco ha costruito il suo sermone intorno alle parole che Cristo ha rivolto a Pietro nel Vangelo: "Mi ami? (...) Pasci le mie pecore". (Gv 21, 15 e 17). 

Fede vivente: "Mi ami tu?".

Prima uno sguardo dall'alto. Questo sguardo corrisponde alla domanda di Gesù a Pietro: "Mi ami tu? Una domanda che il Signore ci pone e pone sempre alla Chiesa. Lontano da prospettive pessimistiche così come da prospettive umanamente troppo ottimistiche, e senza entrare nel merito, dice il Papa in linea con i Papi precedenti:

"Il Concilio Vaticano II è stato una grande risposta a questa domanda. Per riaccendere il suo amore per ciò che la Chiesa, per la prima volta nella storia, ha dedicato un concilio a mettere in discussione se stessa, a riflettere sulla propria natura e sulla propria missione. E si è riscoperto come mistero di grazia generato dall'amore, si è riscoperto come Popolo di Dio, Corpo di CristoIl tempio vivente dello Spirito Santo".

In effetti lo è. E non si tratta di astrazioni pseudo-teologiche, ma di realtà che appartengono alla fede. E non ad una fede teorica, ma ad una fede vivente, cioè la fede che opera e vive nell'amore (cfr. Gal 5, 6). E la Chiesa è un "sacramento" (segno e strumento) dell'amore di Dio (cfr. LG, 1).

E ora è il nostro turno: "Chiediamoci -Francisco invita se nella Chiesa partiamo da DioIl suo sguardo innamorato su di noi. C'è sempre la tentazione di partire dall'io piuttosto che da Dio, di anteporre i nostri programmi al Vangelo, di lasciarci trasportare dal vento della mondanità per seguire le mode del tempo o di rifiutare il tempo che ci viene dato dalla Provvidenza per tornare indietro.

Prosegue mettendo in guardia da due estremi sbagliati: "Facciamo attenzione: né il progressismo che si adatta al mondo, né il tradizionalismo o 'involuzionismo' che desidera un mondo passato sono prove di amore, ma di infedeltà. Si tratta dell'egoismo pelagiano, che antepone i propri gusti e progetti a quelli degli altri. all'amore che piace a Dio, quell'amore semplice, umile e fedele che Gesù chiese a Pietro".

Francesco ci invita a riscoprire il Concilio dal punto di vista dell'amore di Dio e della missione essenziale di salvezza della Chiesa, che deve compiere con gioia (cfr. Giovanni XXIII, Allocuzione al Concilio di Trento, "La missione di salvezza della Chiesa"). Gaudet Mater Ecclesia all'apertura del Concilio Vaticano II, l'11 ottobre 1962). Una Chiesa che supera i conflitti e le controversie per testimoniare l'amore di Dio in Cristo.

"La ringraziamo, Signore, per il dono del Consiglio. Tu che ci ami, liberaci dalla presunzione di autosufficienza e dallo spirito di critica mondana. Liberaci dall'autoesclusione dall'unità. Lei che ci nutre teneramente, ci faccia uscire dal recinto dell'autoreferenzialità. Tu che vuoi che siamo un gregge unito, liberaci dall'inganno diabolico delle polarizzazioni, degli 'ismi'. E noi, la Sua Chiesa, con Pietro e come Pietro, Le diciamo: "Signore, Tu sai tutto; Tu sai che Ti amiamo" (cfr. Gv 21, 17).

Papa Francesco.

Missione e unità: "nutrire le mie pecore".

Il secondo sguardoLa missione della Chiesa, uno sguardo al centro, è quella che corrisponde alla missione della Chiesa. Lei "pastora" perché è un "popolo pastorale", al servizio della salvezza. Questo è il suo modo di essere e lo fa affidandosi al lavoro dei suoi pastori, anche se non in maniera esclusiva, perché la missione della Chiesa richiede una "cooperazione organica" tra pastori e fedeli, ciascuno secondo la propria condizione e vocazione, i propri ministeri e carismi. Questo viene riscoperto nel processo dell'attuale Sinodo sulla sinodalità, che il Papa ha prorogato fino all'ottobre 2024.

Questo sguardo - continua il Papa - porta a "stare nel mondo con gli altri e senza mai sentirsi al di sopra degli altri, come servitori del Regno di Dio (cfr. LG 5), e senza clericalismo".

Il terzo sguardo: è una visione d'insieme. Perché si tratta, dice Gesù a Peterper nutrire "le mie pecore", tutte le pecore, osserva il Papa, e non solo alcune di esse. Perché questo significherebbe cedere alla polarizzazione (dedicarsi solo a una parte delle pecore). E, quindi, di lacerare il cuore della Chiesa madre. La nostra prospettiva deve essere quella di cercare l'unità, la comunione ecclesiale, evitando la disunione e l'estremismo.

Importanza dell'unità: "Tutta la Chiesa, tutti noi. Il Signore non ci vuole così, siamo le sue pecore, il suo gregge, e siamo solo insieme, uniti. Superiamo le polarizzazioni e sosteniamo la comunione, diventiamo sempre più 'uno'. (...) Lasciamo da parte gli 'ismi' - sia il progressismo che il tradizionalismo - il popolo di Dio non ama questa polarizzazione. Il popolo di Dio è il popolo santo e fedele di Dio, questa è la Chiesa".

Il messaggio del Papa si muove quindi su queste coordinate: fede viva, missione, unità.

Negli ultimi giorni sono stati e vengono pubblicati numerosi articoli che mettono in scena quello che considerano il fallimento fondamentale del Consiglio. Uno di questi è di R. Douthat ("Come i cattolici sono diventati prigionieri del Vaticano II", New York Times, 11-X-2022). L'autore sostiene anche che il Vaticano II era necessario e non può essere annullato. Pertanto, conclude, non c'è altra scelta che cercare di risolvere le contraddizioni che ci ha lasciato in eredità. Quindi il cattolicesimo che un giorno supererà il Concilio "continuerà ad essere segnato dalle inutili rotture create dal suo tentativo di necessaria riforma". Una prospettiva che, mi sembra, non aiuta esattamente a comprendere la realtà del Concilio, né il momento attuale della Chiesa e della sua missione.

Sig. Ramiro Pellitero Iglesias
Professore di Teologia Pastorale
Facoltà di Teologia
Università di Navarra

 

Pubblicato in "Chiesa e nuova evangelizzazione".

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