
Sergio Rojas non è cresciuto in una famiglia praticante né ha mai sognato di farlo. vocazione sacerdotale. Conosceva appena Dio e la sua vita non era incentrata sulla fede. Tuttavia, questo sacerdote del Venezuela ha scoperto che la chiamata di Dio può arrivare anche quando non la si sta cercando.
La sua storia è quella di una vocazione sacerdotale inaspettata, forgiata dall'incontro personale con Cristo e sostenuta, anni dopo, dall'aiuto concreto dei benefattori e degli amici della Fondazione CARF.
La storia vocazionale del sacerdote Sergio Rojas non ha inizio in una parrocchia né in una famiglia Particolarmente religiosa. Al contrario. Sebbene la sua famiglia si considerasse cattolica, la fede non era realmente parte integrante della sua vita quotidiana.
«Ho sempre considerato la mia vocazione come qualcosa di molto particolare», spiega. E lo afferma con cognizione di causa: per anni Dio è stato praticamente un estraneo per lui.
Il punto di svolta è arrivato grazie alla madre del suo migliore amico. È stata lei a parlargli di Dio per la prima volta in modo diretto e concreto, e a introdurlo in una comunità del Cammino Neocatecumenale. Lì iniziò un percorso di fede che, senza che lui lo sapesse ancora, stava gettando le radici del suo vocazione sacerdotale.
Sergio aveva intrapreso il suo cammino di fede da appena tre anni quando accadde qualcosa di inaspettato. Durante alcuni incontri nazionali del Cammino, nel momento in cui furono invitate le vocazioni, provò un'inquietudine interiore difficile da spiegare.
«È stato come una fiamma che si è accesa con forza», ricorda. Tuttavia, insieme a quella chiamata è emersa la paura. Non si sentiva pronto. Gli sembrava troppo presto. Troppo serio.
La domanda tornò a sorgere qualche tempo dopo, in modo ancora più diretto. Una suora missionaria messicana, dopo averlo conosciuto, gli rivolse una frase che non riuscì a togliersi dalla testa: «E tu, quando entrerai in seminario?».
Da quel momento in poi, l'idea non lo abbandonò più. Finché un giorno, davanti al Santissimo Sacramento, decise di smettere di opporre resistenza: «Lanciai una sfida a Dio. Gli dissi: “Se Tu lo desideri, io lo desidero”».
Quel semplice gesto segnò l'inizio definitivo del suo percorso verso il sacerdozio.
Già durante il seminario, il suo vescovo prese una decisione che avrebbe cambiato la sua vita: mandarlo a Pamplona (Spagna) per completare la sua formazione nel Seminario internazionale Bidasoa.
Per questo sacerdote venezuelano, Il soggiorno in Spagna non è stato solo un periodo di studio. È stata un'esperienza profondamente umana e spirituale.
«A Bidasoa mi sono sentito a casa, nonostante fossi così lontano dal mio Paese», confessa. Lì ha scoperto qualcosa di essenziale: «che la Chiesa non è un'idea astratta, ma una famiglia universale. Persone di culture, lingue e realtà molto diverse, unite dalla stessa fede».
Quell'esperienza lo aiutò a comprendere meglio il mondo in cui un giorno sarebbe stato inviato come pastore.
Se Sergio ha acquisito qualcosa dal suo soggiorno a Pamplona, non è stato un titolo, ma un modo di vivere il sacerdozio.
«Mi sono preparato per dedicarmi completamente alla pastorale», spiega. Ha imparato a conoscere la Chiesa dall'interno, a comprendere le diverse realtà umane che avrebbe incontrato e a testimoniare Gesù Cristo in mezzo a loro.

Tra gli aspetti che hanno maggiormente influenzato la sua formazione spiccano la costante guida spirituale, la frequente confessione e il rapporto personale con Gesù nell'Eucaristia.
Tuttavia, vi fu una testimonianza che lasciò un segno particolare nella sua vita sacerdotale: quella del sacerdote Juan Antonio Gil Tamayo, suo formatore, che affrontò la malattia con una fede serena e luminosa.
«Ci ha mostrato che la forza spirituale consente di guardare oltre la sofferenza e scoprire la volontà di Dio anche sulla croce», ricorda.
Il sacerdote oggi: servire senza isolarsi
Padre Sergio Rojas non idealizza il sacerdozio. È ben consapevole delle sfide attuali e delle difficoltà che la Chiesa sta affrontando.
Per lui, la chiave è chiara: preghiera, dedizione e umiltà. Il sacerdote, afferma, è chiamato a servire, non a cercare comodità o riconoscimento.
Sottolinea inoltre l'importanza di non vivere in isolamento. «Il sacerdote deve stare con la gente, conoscere la sua realtà, condividere le sue gioie e le sue sofferenze». Tuttavia, tutto ciò ha senso solo se nasce da un incontro autentico con Gesù Cristo. «Senza preghiera, il sacerdozio perde la sua essenza», afferma questo sacerdote venezuelano.
Ringraziamenti alla Fondazione CARF: un sostegno che rende possibile la vocazione
Guardando indietro, Sergio Rojas non ha dubbi: senza l'aiuto dei benefattori e degli amici della Fondazione CARF, la sua storia sarebbe stata molto diversa.
«Senza di voi non avrei potuto viaggiare, studiare né formarmi a Pamplona», afferma con gratitudine. Non è una frase di circostanza, ma una realtà concreta: il suo vocazione sacerdotale Ha beneficiato anche della generosità di persone che hanno investito nella sua formazione.
Per questo motivo, egli assicura che ci sarà sempre una preghiera Sono grata a coloro che rendono possibile ad altri seminaristi e sacerdoti di prepararsi per servire al meglio la Chiesa.
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